Diverse aziende, tra cui spiccano Oracle, Microsoft ed Apple, hanno infatti aperto dei contenziosi al fine di riscuotere royalty da parte di costruttori di smartphone che utilizzano il sistema operativo di Google.
Le parti che le aziende sostengono essere coperte da brevetti, riguardano funzioni base del kernel di Android e le royalty ricadrebbero quindi sulla totalità degli utilizzatori del sistema operativo.
“Abbiamo visto un esplosione di dispositivi Android entrare nel mercato” ha detto Schmidt, “e a causa del nostro successo, i concorrenti stanno rispondendo con denunce poiché non sono in grado di rispondere con l’innovazione”. E ha aggiunto: “non sono molto preoccupato”.
Quando l’intervistatore, riferendosi agli attacchi da parte delle aziende verso HTC, ha chiesto se Google aiuterà il produttore Taiwanese a pagare le spese legali nel caso dovessero perdere, Schmidt ha risposto: “faremo in modo che non perdano”.
Staremo a vedere come la questione dei brevetti procederà. Di sicuro c’è una cosa: se Google vuole continuare a spingere sul successo di Android deve progressivamente cercare di risolvere questo problema dei brevetti, ristrutturando le parti che contengono tecnologia coperta da brevetti di terze parti. Questa operazione si sa è molto difficile e, spesso, impossibile a causa della piaga dei brevetti software che negli Stati Uniti sta diventando un vero freno allo sviluppo.
Se multinazionali come Google o produttori come HTC, LG, Samsung, ecc.., possono permettersi di buttarsi in battaglie legali e, alla peggio, pagare royalty, lo stesso non si può dire di sviluppatori e produttori indipendenti che non hanno nemmeno la possibilità di verificare se una data routine o –addirittura- metodo sono stati brevettati da qualche azienda.