22 novembre 2011

[Android] Ecco i 5 brevetti Microsoft che minacciano Android

Recentemente è stato reso noto da più parti l’enorme volume di introiti che Microsoft incamera dai produttori di dispositivi che montano Android.
La ragione di questa “tassa” sono accordi di pagamento di licenze basati su presunti brevetti Microsoft all’interno del codice di Android.

Si parla di presunti brevetti in quanto in realtà non è mai stato chiaro (almeno fino ad ora) quali siano questi brevetti. Non c’è stata inoltre nessuna disputa legale che ha chiarito l’effettivo infrangimento da parte dei produttori dei presunti brevetti.
In pratica, quello che si sa, è che Microsoft si reca presso singoli produttori di hardware Android, (soprattutto Samsung e HTC, guarda caso), intimando ad essi il pagamento delle licenze. Il risultato di questa azione è che, quasi sempre, le aziende accettano di pagare le royalties piuttosto che imbarcarsi in una causa legale molto lunga, complessa e costosa contro Microsoft.
L’ottimo blog Pollycoke ha pubblicato un interessante articolo dove spiega quali sarebbero i brevetti coinvolti nella questione.
L’analisi parte da un articolo pubblicato su groklaw.net che spiega la cosa in maniera molto dettagliata, partendo da rivelazioni rilasciate da Barnes and Noble, azienda coivolta proprio in una disputa con Microsoft.
I brevetti sarebbero cinque e dal contenuto piuttosto triviale:

  1. Mostrare il contenuto di una pagina web prima che l’immagine di background sia stata caricata, permettendo agli utenti di interagire con la pagina più velocemente
    (the “display of a webpage’s content before the background image is received, allowing users to interact with the page faster”)
  2. Modi facili di navigare le informazioni fornite da … applicazioni del dispositivo attraverso una finestra di controllo con schede
    (“easy ways to navigate through information provided by . . . device apps via a separate control window with tabs”)
  3. La selezione di testo in un documento e la modifica di quella selezione
    (“the select[ion] [of] text in a document and adjust[ment] [of] that selection”)
  4. L’abilità di annotare testo senza cambiare il documento sottostante
    (“the ability to annotate text without changing the underlying document”)
  5. Permettere ad applicazioni di sovrapporre lo status di dowload sopra il contenuto in scaricamento.
    (permitting “apps to superimpose download status on top of the downloading content”)

Apprendiamo che Barnes and Noble si è rifiutata di siglare un non disclosure agreement con Microsoft e, di fatto, ha divulgato i contenuti dell’accordo porposto da Microsoft e, di conseguenza, i famigerati brevetti.
Sappiamo inoltre che il modus operandi di Microsoft prevede la non rivelazione dei brevetti, al presunto infrangente, se non alla fine di tutto il processo; in sede cioè di siglazione dell’accordo conclusivo.
Barnes and Noble svela inoltre che i legali di Microsoft approcciano il produttore di dispositivi Android pretendendo il pagamento delle royalties di importanti brevetti Microsoft che rendono, secondo loro, Android un sistema operativo illegale.
Le pressioni continuerebbero con Microsoft che cita altri produttori che hanno accettato l’accordo. Produttori che, se contattati, non possono svelare i contenuti dell’accordo e i brevetti per via del non disclosure agreement.
Al termine del processo il produttore generalmente accetta l’accordo e a quel punto scopre che i cinque importanti brevetti che renderebbero Android completamente illegale sono quelli menzionati sopra.
In pratica si tratta di un patent trolling coi fiocchi.

Ora che la questione è finalmente venuta alla luce, sono curioso di vedere come si muoverà Google.
La società di Mountain View è più volte intervenuta, per bocca di molti suoi esponenti di alto livello, per condannare molto duramente le pratiche anti competitive basate sul patent trolling. I brevetti citati non mi sembrano così “importanti” da precludere delle modifiche al codice di Android che li escludano dal sistema una volta per tutte.
Staremo a vedere cosa farà Google e, soprattutto, se commenterà la cosa in via ufficiale come più volte è accaduto su questo fronte.
Sembra superfluo dirlo ma, leggendo l’oggetto dei brevetti, salta ancora una volta all’occhio quanto sia nefanda la pratica dei brevetti software.

Via | Pollycoke

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