Lo seguo fin dall'estate scorsa, quando Google+ era ancora "a numero chiuso". Già allora egli aveva pronosticato l'ascesa del super progetto Google di integrazione tra tutti i servizi, scegliendo per la propria vita professionale (e quella della sua azienda) di puntare solo su G+, accantonando le altre piattaforme di social networking, allo scopo di concentrare in un solo luogo ogni attività social. L'effetto collaterale gradevole che si ottiene così, pare sia di alleviare la "fatica" del social networking ovvero, a dire di Elgan, il dover veicolare il proprio marketing scindendosi attraverso tanti account, quasi una diaspora mediatica che disperde il messaggio e gli toglie forza.
Mike Elgan |
Quando un brand/piccola azienda si basa esclusivamente sui social media e sul web per il proprio marketing, si trova ad affrontare delle vere sfide, sostiene Elgan. La frammentazione dei media sociali in mille segmenti differenti ha portato la potenziale audience del marketer a disperdersi in tanti contenitori diversi. Questo comporta un aumento degli sforzi per raggiungere l'audience, ma una diminuzione dell'efficacia delle connessioni.
Finché non è arrivato Google+, trasformando il paradigma dei social network con un modello che Elgan definisce aperto (nel senso che i non-membri possono leggere i post e anche riceverli sotto forma di email) e flessibile (riferito ai destinatari dei post che possono essere pubblici o riservati a un'udienza ristretta).
Ora Elgan asserisce di postare solo su Google+ e di utilizzare il proprio profilo pubblico come un blog. Questo a dimostrazione della versatilità dello strumento, che può venire utilizzato in tanti modi diversi. E' possibile osservare come questo tipo di utilizzo sia alquanto frequente negli utenti Google+ negli USA. Sono parecchi gli utenti che postano nei loro profili contenuti originali e di qualità, proprio come se scrivessero dei post su di un blog. Il coinvolgimento conversazionale, i commenti, costituiscono una risorsa in più e inoltre l'interazione è immediata, a differenza di un tradizionale blog. Plus si colloca perciò su un livello differente dagli altri siti di social networking, e del resto non è mai stato assimilabile a Facebook, per esempio, nonostante i numerosi tentativi di comparazione.
Sarebbe come paragonare mele con arance.
Secondo Elgan, coloro che non ottengono engagement e risultati, in sintesi coloro che falliscono con G+ (e questo si riferisce anche alle pagine business) lo fanno perché lo aggiungono semplicemente alla loro già lunga lista di siti di social networking da tenere costantemente aggiornata. Pertanto stentano a percepire i benefici potenziali di Google+. Elgan ammette la possibilità che tanta potenza dello strumento Google+ sia solo dovuta al fattore novità e destinata a non durare, ma per il momento milioni di utenti sono affamati di contenuti e ansiosi di essere accerchiati da altre persone altrettanto desiderose di produrre e condividere contenuti a loro volta, formando una comunità grande, attiva, brillante e in rapida crescita. Sarà interessante verificare più avanti se le affermazioni di Mike Elgan saranno confermate.
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