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L’introduzione del programma Prime è stato un grande successo per Amazon, con vendite in crescita fino al 42% in più sull’anno precedente, cosa che evidentemente ha stimolato Google che, da un po’ di tempo, si sta già impegnando nel settore retail tramite Google Offers e Google Wallet.
Sicuramente se le “voci di corridoio” si riveleranno vere, Google andrà a competere in un settore molto complesso e rischioso, soprattutto in quanto a scalabilità. Amazon ha dimostrato di saper portare il suo modello di business su larga scala (numero elevatissimo di prodotti) e, soprattutto recentemene, in diverse nazioni del mondo (tra cui l’Italia).
Google non è famosa per la sua propensione alla scalabilità territoriale di molti suoi prodotti.
Se da una parte questa pratica risulta probabilmente molto complessa, soprattutto a causa di vincoli legali (es. Google Music > SIAE), molto spesso viene percepita da parte degli utenti come una poca volontà di impegnarsi a fondo su paesi che non sono gli Stati Uniti.
Google non è famosa per la sua propensione alla scalabilità territoriale di molti suoi prodotti.
Se da una parte questa pratica risulta probabilmente molto complessa, soprattutto a causa di vincoli legali (es. Google Music > SIAE), molto spesso viene percepita da parte degli utenti come una poca volontà di impegnarsi a fondo su paesi che non sono gli Stati Uniti.
Un altro problema non trascurabile rispetto ad un’operazione del genere, è sicuramente quello del coinvolgimento dei singoli retailer.
A quanto pare le indiscrezioni (che in questo caso incontrano la logica) vogliono che Google non abbia intenzione di vendere i prodotti direttamente, quanto piuttosto connettere le sue tecnologie di search e di pagamento (Ricerca, Offers, Wallet) con un servizio di spedizione rapida che verrebbe supervisionato direttamente da Google.
Tradotto questo significa che molta parte del lavoro di Google consiterebbe nel coinvolgere singoli retailer a partecipare al suo programma. Questo tipo di approccio presenta secondo me due problemi, sempre rispetto a quanto offerto da Amazon ovviamente.
Il primo problema è che il focus si sposta dai singoli prodotti ai retailer. Mentre Amazon agisce direttamente a livello di prodotto, selezionado oggetti per la sua offerta e interagendo direttamente con i produttori, Google si limiterebbe a includere nella sua offerta catene di negozi. Tra queste potrebbero esserci anche grosse catene, come ad esempio Best Buy, Wallmart, ecc.., è chiaro però che il controllo è ad un livello più alto e, soprattutto, non può incidere con la stessa efficacia di Amazon sul mix dei prodotti e sui prezzi.
Il primo problema è che il focus si sposta dai singoli prodotti ai retailer. Mentre Amazon agisce direttamente a livello di prodotto, selezionado oggetti per la sua offerta e interagendo direttamente con i produttori, Google si limiterebbe a includere nella sua offerta catene di negozi. Tra queste potrebbero esserci anche grosse catene, come ad esempio Best Buy, Wallmart, ecc.., è chiaro però che il controllo è ad un livello più alto e, soprattutto, non può incidere con la stessa efficacia di Amazon sul mix dei prodotti e sui prezzi.
Il secondo problema che mi viene in mente è che, dovendo agire sui singoli retailer, il lavoro per Google in termini di aumento di massa critica è davvero titanico. Su Amazon è possibile acquistare dalle caramelle agli smartphone, ai tagliaerbe passando per le mazze da golf e via discorrendo. La presenza di una sterminata gamma di prodotti è frutto sia delle dimensioni leviataniche di Amazon che del programma di partnership che Amazon stessa offre a singoli retailer, che consiste nell’utilizzare Amazon stessa come vetrina per i propri prodotti che vengono mostrati come se fosse Amazon stessa a venderli.
Non credo che Google abbia intenzione di giocare una partita identica a quella di Amazon, anche perché immagino che Google sia consapevole che uno scontro faccia a faccia con un colosso del genere sarebbe assolutamente devastante. È probabile che Google punti da un lato a “clusterizzare” l’offerta in base a marchi, più che prodotti, e da un altro lato a rendere il servizio appetibile per l’utente grazie all’integrazione di servizi tecnologici di primo piano, come il già citato motore di ricerca, i cataloghi interattivi, le offerte personalizzate e la tecnologia di pagamento online e offline (NFC) di Google Wallet.
Google sta sempre più avanzando sul fronte del commercio retail, aggiungendo prodotti che assomigliano ad un cluster di servizi piuttosto che una piattaforma monolitica.
Se questo approccio distribuito sia un modello vincente, o se Google prima o poi giunga alla decisione di semplificare l’offerta sotto un’unica piattaforma, è tutto da vedere.
Mi viene anche in mente che probabilmente nel corso dell’anno cominceremo a vedere diverse integrazioni tra le piattaforme commerce e Google+.
Quello che è certo che, comunque vada, tutti questi esperimenti e tendenze spingono verso forme di commercio al dettaglio più vantaggiose per i consumatori.
Via | The Wall Street Journal
Via | The Wall Street Journal
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